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Siamo stati avvelenati dalla nostalgia 

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Perdonerete l’uso della prima persona, ma ciò che segue parte da un’esperienza personale. Scrollando Facebook, mi è capitato di intercettare commenti e status in cui lo slogan era sempre lo stesso: “La tecnologia ha rovinato la musica”. Così, de botto, come direbbero quelli bravi.

Ovviamente, il concetto va parafrasato: il termine tecnologia viene usato - in maniera erronea - per indicare l’avvento dei pc e di altre diavolerie” che, secondo alcuni, hanno semplificato il modo di fare musica. Quando, di fatto, la tecnologia è un insieme di strumentazioni, ad esempio. E che rivela, anche, un malanno ancora più impressionate: siamo stati avvelenati dalla nostalgia 

 

C’È TECNOLOGIA E C’È TECNOLOGIA

Partiamo proprio dalla tecnologia. Senza andare a scoperchiare un vaso di pandora così eccezionale, la tecnologia può indicare diverse cose. Ma veramente, eh. Prendiamo ad esempio la chitarra: è una tecnologia affinata nel corso di numerosi anni, dopo che nel Medioevo era stata inventata la quinterna, passando per la chitarra barocca. Non lo sapremo mai, ma può darsi che il sentimento di nostalgia che tanto ci accompagna oggi era insito già in quel periodo: “Sì, bella la chitarra barocca eh, però la quinterna è tutta un’altra cosa”.  

Il personal computer e l’iPad sono gli oggetti che nel nuovo millennio hanno subito angherie di ogni tipo. Destrutturata però la critica “la tecnologia ha rovinato la musica, tuttavia, restano solo diversi filoni di pensiero: il de gustibus, opinione insindacabile visto che ognuno risponde a gusti personali; la semplicità del fare musica con le nuove tecnologie (che se poi è così semplice fare musica con questi supporti, allora fatelo anche voi); e, infine, “era meglio la musica di prima”. Quest’ultimo apre un nuovo scenario.

 

LA CRITICA AL PRODOTTO 

La nostalgia ha tirato in ballo l’idea che più si va avanti, più la musica non va apprezzata. Perché, legge assodata, la musica che c’era prima è sempre stata meglio. Così come nel ragionamento della tecnologia, il prodotto stesso - anche se non figlio di quella tecnologia malevola - viene discussa aspramente. Un tempo era il rock, poi lo è stato il rap, poi il pop e oggi la trap e la dance 

Arrivando anche a un punto che, viaggiando nei commenti online, si notano battaglie ideologiche che vanno anche a criticare quegli stessi artisti idolatrati prima dell’avvento della comunicazione 2.0. Tutto ciò ha legittimato una nostalgia nella non-nostalgia che ha creato solo un mostro di critica senza senso, andando a germogliare dal concetto che “ho diritto di parola perché parlo”. 

Che poi, un conto è il gusto personale. Magari non ti piace il genere perché non sei affine a determinati messaggi, non ti piace il ritmo, oppure quel determinato cantante non ti ispira particolare fiducia artistica. Ci sta. Tuttavia, risulta presuntuoso e noioso parlare di ogni personaggio come di un prodotto insignificante, dannoso e marcio. Perché sì, la nostalgia dell’arte ci ha portato a guardare al presente come a una mera composizione di marketing e marchette. Quando, per ipotesi, si potrebbe parlare di un’identità nella non’identità, comunque con casi eccelsi di ottima musica, invece di etichettare tutto come farisaico. Perché sputare sentenze su qualsiasi cosa non rende né intellettuali, né critici musicali e né i nuovi Adriano Celentano

 

BASTA CON LA STORIA DELLA NOSTALGIA 

Sì, insomma, anche meno. Perché, alla fine della fiera, bisogna discernere dal criticare in maniera sensata da quella vittimistica. La musica bella perché varia, e apprezzare un genere rispetto a un altro, o un filone artistico temporale rispetto a un altro, non aggiunge tacche alla propria cintura e non fa ricevere lauree ad honorem. A dirla tutta, non fa nemmeno curriculum per l’Università della Strada.  

Tutto ciò porta a due chiose. Una ce la crea Lo Stato Sociale in Sono così indie: “E allora il reato di tortura in Italia / E la polemichetta sul nuovo singolo (commerciale) / Jobs act e la polemichetta sul nuovo singolo (venduti) / Le libertà civili e la polemichetta sul nuovo singolo / Sfigati, se vi interessaste di quel che succede intorno / Persino la musica vi sembrerebbe più bella”. Cioè, basta stare alla ricerca del singolo perfetto per antonomasia - sempre che esista -, ma provate a godervi la musica in ogni sua sfaccettatura.  

Infine, c’è Ernia che, senza macchia e senza paura, twitta una critica alla nostalgia utilizzando proprio la nostalgia: “Mi sarebbe piaciuto nascere nei ‘60 far parte di una band tipo Motley Crue, cantare e chiavare. Invece ho su Instagram giacomino03 che è indignato perché faccio i feat che non gli piacciono”. Un paradosso che, come dicevamo prima, ha creato mostri che devono sempre e solo bacchettare gli artisti. Perché? Perché la nostalgia fa moda

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