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Steve Jobs ha cambiato il modo di vendere (e ascoltare) la musica

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Mi piace pensare che non sia un caso che la fine dello scorso millennio sia coincisa con la nascita di Napster. Il primo servizio di file sharing peer-to-peer di massa legato alla musica ha infatti completamente abbattuto l’Ancien Régime del mercato musicale discografico, lasciandolo frantumato alle fondamenta e in procinto di crollare.

Ritrovatesi in un bivio storico e importante, le principali etichette major musicali dovevano scegliere se abbracciare la rivoluzione oppure osteggiarla armi in mano. Come sappiamo la poco utile guerra della discografia nei confronti del download pirata ha visto sconfitta e umiliata tutta la filiera discografica, che compromessa nei suoi massimi guadagni ci ha messo anni per rimettersi in piedi e trovare la forza di fare ancora la voce grossa.

LA RINASCITA DI APPLE

Non è forse un caso neanche che proprio in quegli stessi anni di fine millennio la Apple viva la sua crisi peggiore, anni dove quasi si paventa il rischio di bancarotta. È nel 1997 il momento peggiore, quello in cui Steve Jobs, allontanato da anni, torna nella sua posizione di CEO e inizia quel processo che avrebbe portato la Apple a diventare l’azienda di dispositivi multimediali più importante al mondo.

Se infatti la rivoluzione dell'mp3 era stata osteggiata dai capi di una discografia gelosa del proprio potere, Steve Jobs era intenzionato solo a dare lustro alle nuove possibilità offerte dalla musica liquida, e a trarne il maggior profitto, ovviamente. Rivolto all'ascoltatore e al fruitore di musica occasionale tanto quanto all’appassionato, attento e vorace di ascoltare sempre nuovi prodotti, l'iPod, presentato al mondo il 23 ottobre 2001, non era rivoluzionario in quanto mera evoluzione del walkman, seppure molto più fashion, visto che sistemi simili già esistevano. La vera rivoluzione era legata alla piattaforma di ascolto: iTunes.

iTUNES E IL DOWNLOAD LEGALE

Lanciato il 28 aprile 2003, iTunes proponeva un enorme, gigantesco catalogo di musica scaricabile legalmente in formato digitale, non il comune – e odiatissimo dalle case discografiche - mp3 bensì il AAC, file proprietario della Apple e di qualità superiore all’mp3. Non solo un'enorme raccolta di musica, però; iTunes permetteva infatti il superamento della forma discografica tradizionale: quella dell'album. Proponendo un catalogo dove al costo di 9,99 euro potevi acquistare un disco, si accostava anche la possibilità di scaricare la singola canzone, andando a ribaltare di conseguenza tutto il concetto artistico e discografico finora dato per scontato. Perché infatti se la discografia aveva trovato prima nella long-playing o LP e poi nel CD il proprio Sacro Graal, cioè il supporto da lungo minutaggio, capace di generare introiti larghissimi e spropositati, iTunes dava la possibilità di scegliere la propria canzone preferita (magari il singolo in radio? O la canzone di quello spot lì?), al costo di 0,99€, andando a ridisegnare l'ottica di acquisto delle persone, e accostandosi proprio alle possibilità di downloading del peer-to-peer stile Napster. Il tutto in maniera legale.

Non è un caso quindi che la quasi fallimentare Apple in pochi anni arriva a quadruplicare i propri guadagni annui, e il numero di download sale dai 100 milioni dell'anno 2004 fino ai 5 miliardi del 2008. Steve Jobs ebbe la capacità e l'intuizione di accordarsi con le etichette discografiche, le quali accettando e supportando l'idea di creare un file proprietario esclusivo della Apple costringevano gli acquirenti, in realtà ben lieti, a dover comprare proprio gli iPod per ascoltare la musica così scaricata. Solo in un secondo momento arriverà l'apertura della piattaforma a componentistica non Apple, proprio quando tutti rivali, Windows compresa, fallirono nell’imporsi in quello che di fatto era diventato un monopolio, quello cioè del download musicale.

Certo, un impero è destinato a cadere, è così anche il download legale di canzoni, che forse è sembrato essere il futuro della musica, una volta che le capacità di connessione e di traffico internet arrivarono a reggere e ad essere utilizzate sopra tutti i dispositivi mobili, i cosiddetti smartphone, sia il ruolo degli iPod prima che il download legale poi, furono soppiantati da un nuovo strumento più pratico e versatile, depersonalizzato tanto quanto il download, ma sicuramente più comodo e immediato: lo streaming. Ma quella è un'altra storia.

LA PARABOLA DISCENDENTE DEL DOWNLOAD

Questa storia invece può finire con i download di iTunes che in circa 10 anni (2003-2014) hanno raggiunto numeri incredibili, fino a 35 miliardi di download, per poi ritirarsi lentamente fino a quasi sparire come rilevanza nel complesso mondo discografico. Nel 2017, il mercato del download ha subito un -25% rispetto all’anno precedente in America, con un giro economico di circa 1,3 miliardi di dollari, a fronte dei 5,7 miliardi dello streaming, e fa riflettere come per la prima volta dal 2011 le vendite di supporti fisici abbia superato gli incassi di quelli del download (fonte RIAA).

Come abbiamo già raccontato, forse non morirà mai del tutto, ma sicuramente per quanto importante quella del download legale è stata una storia intensa, ma breve. Una storia che comunque ha dimostrato la lungimiranza e il talento di chi è riuscito a pensare una formula di mercato nuova, capace di ribaltare le regole prestabilite e di arrivare quindi più facilmente all'ascoltatore, non facendogli la guerra, non combattendo la novità ma abbracciandola, normalizzandola, giustificandola fino a farla diventare regola.

Questo è stato il primo passo per rivoluzionare ovviamente l'ascolto di tutti noi, causando il trapasso dal CD e dall'album all’iPod e al singolo. E lo vediamo oggi in tutte le sue forme, dove ogni player streaming raccoglie la formula e la struttura di iTunes, prima vera rivoluzione musicale del nuovo millennio.

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