Mentre questo articolo viene redatto, i giorni sono molto concitati.
RollingStone ha preso posizione contro le politiche anti-immigrazione di Matteo Salvini e sui social network è scattato il putiferio a colpi di meme, che hanno ripreso la copertina della rivista con la bandiera della pace dove, al posto della scritta originale - "Noi non stiamo con Salvini (da adesso chi tace è complice)" - sono state inserite altre frasi: ad esempio, “Chi cazzo è Cosmo?”, “Noi non stiamo con il reggaeton”, “Chi ha ucciso Laura Palmer?”. Tutto ciò in un clima cybernetico un po’ surreale, visto che da poco Wikipedia è tornata attiva e il GDPR tiene in apprensione tutti quanti.
L’Europa, appunto, guarda dritto al mondo del web, e i meme sono finiti sotto la lente d’ingrandimento, capolavori d’arte modernissima che minano sensibilmente le leggi sul diritto d’autore. Si tratta di un fenomeno che, sì, può partire da account singoli come dalle pagine ufficiali, ma che investe soprattutto il concetto di comunità, un fattore antropologico grazie al quale l’essere umano si è sviluppato e che, oggi come oggi, trova la sua ragione d’essere nelle community di Facebook.
Stiamo parlando di sottosfere sociali online basate sul concetto del tratto comune. Vale a dire, se c’è una caratteristica determinante che ci accomuna, sicuramente avremo qualcosa di cui parlare. Quindi, ci si riversa in gruppi dove si è sicuri di trovare interlocutori attenti, consapevoli e interessanti a un determinato tema.
Questo meccanismo funziona anche per la musica, e spesso decreta delle influenze enormi nella scelta di ciò che verrà ascoltato online da persone terze. Pertanto - per riuscire a scalfire quantomeno la superficie di questi sviluppi - ci siamo presi una giornata e siamo andati a curiosare all’interno di tre community ‘calde’: Diesagiowave, Hipster Democratici e Il Faro Indie.
Alcune premesse sono d’obbligo. La nostra è un’analisi in veste di spettatori: pop-corn alla mano, abbiamo letto post e commenti pubblicati, alle volte abbiamo partecipato, altre siamo rimasti a guardare. Inoltre, l’indie (o l’indie-pop o l’itpop) è il “genere” che viene principalmente discusso, con ampia attenzione agli artisti della seconda generazione e a quelli che devono ancora arrivare alle orecchie dei più.
In Diesagiowave (community di Indiesagio), gli utenti sono molto attivi. Di fatto, vi sono numerose interazioni che nascono dai post più svariati: commenti seri, argomentazioni impegnative, discussioni di approfondimento, meme variopinti, enormi cazzate e opinioni sensate. Sì, c’è anche del disagio, ma tutto resta circoscritto alla passione per quest’arte, allo studiare alcuni fenomeni da baraccone, a capire se ci sarà qualche altro “diesagiato” a un dato concerto, a segnalare qualche artista minore che potrebbe interessare anche al di fuori della comunità. Insomma, qui c’è un primo smussamento culturale. Un esempio banale? L’esplosione di Young Signorino che, nel bene e nel male, ha fatto vibrare moltissimo l’attenzione della quasi totalità dei partecipanti.
Per Hipster Democratici (community di Hipster Democratici HD) va fatta una considerazione a parte. Il fil rouge è la politica, i meme e le argomentazioni consapevoli e irriverenti su di essa. Ma c’è (ampio) spazio anche per la musica, talvolta unendo le due parti. Come sempre, il rischio flame c’è, ma nella sostanza è piacevole scoprire quanta creatività emerge da tutto ciò. Più che gli artisti o le note musicali in sé, ciò che affiora da HD è l’attenzione al concetto: basti pensare che alcuni dei meme che hanno girato ovunque sulla nuova copertina di RollingStone provengono da questo gruppo, e alcune rivisitazioni sono veramente geniali.
Nel Faro Indie (dell’omonima community), la chiave di volta che fa la differenza è la possibilità di promuovere l’ascolto di un proprio pezzo o di segnalare la nascita di un artista raro, di parlare di un evento musicale minore, di essere più di nicchia, per capirci. Colpisce anche il grande interesse per le illustrazioni: non solo meme, ma anche (e soprattutto) graphic art, modello artistico che si adatta perfettamente al filone cultural-musicale che stiamo vivendo. Ovvio, ci sono post in cui si argomenta un pensiero, si parla di un qualche fenomeno random, ma i toni di discussione restano blandi, non hanno una chiave di lettura univoca e sono circoscritti in maniera verticale.
Senz’altro quanto abbiamo osservato in un giorno può essere opinabile. Anche perché sono pur sempre realtà che si evolvono giorno dopo giorno, da sole e (anche) in base alle normative europee. Ciò che abbiamo scritto oggi potrebbe non valere tra un mese. Perché si sa, i progressi digitali e musicali sono complessi da analizzare. Di sicuro, però, il futuro della musica è in mano (anche) a loro.