C’è un coro, uno in particolare, che riecheggia, ormai nemmeno troppo spesso, negli stadi italiani.
Si solleva quando le tifoserie hanno esaurito i reciproci sfottò o quando l’affronto è stato talmente grande da rendere inevitabile il ricorso alle vie di fatto.
Il coro in questione è: “Con le mani, quando volete”. Ovvero, basta con le parole, ci vediamo fuori dallo stadio, nella vita reale.
Lo scorso 25 Maggio Young Signorino avrebbe dovuto esibirsi al Monk, importante live club romano, salvo non presentarsi all’ultimo minuto, lasciando a bocca asciutta il pubblico esiguo che era accorso a vedere le gesta di questo nuovo, strano, fenomeno virale. I concerti seguenti, a Padova e in Sardegna, poi, si sono trasformati in una sorta di rissa, con esiti da Paperissima.
Il 9 Maggio, invece, Liberato ha tenuto un concerto nella sua Napoli, davanti a orde di fan smartphone-muniti, col risultato di un'esibizione di una trentina di minuti e uno scenario da Black Mirror, quasi che il concerto si stesse svolgendo su Instagram e non nella vita reale, come se fosse più importante cercare di scoprire “chi è Liberato”, piuttosto che la sua musica.
Sono solo due esempi di “fenomeni del web” che si scontrano con una realtà vera, concreta, live nel vero senso della parola.
Il problema, prima ancora che musicale, è sociale. Internet ha annullato le regole che amministravano il mondo analogico prima della sua affermazione e la musica, forse più di ogni altra forma d’arte, ha risentito di questo ribaltamento di prospettiva. Non è cambiata soltanto la fruizione dell’opera musicale, ma anche la sua distribuzione e, di conseguenza, la sua promozione. I processi di raggiungimento della fama si sono trasformati, forse irrimediabilmente, creando nuove leggi universali che hanno radicalmente cambiato il volto all’industria musicale.
Ne consegue un mutamento nelle gerarchie di valori. Al giorno d’oggi è più importante generare hype su Internet o riempire San Siro? Ma soprattutto, cosa rappresenta di più il nostro tempo, un artista onnipresente nelle conversazioni social o uno che fa sold-out a ripetizione?
La discrepanza fra il mondo digitale e quello reale ormai è un dato di fatto. Saranno gli effetti della cosiddetta “filter bubble” ma, per fare un esempio, Vasco non è il tema del momento eppure quest’estate farà il suo ennesimo tour negli stadi. Young Signorino, invece, fino a qualche giorno fa era primo nella classifica delle tendenze su Youtube con 12 milioni di visualizzazioni, ma i suoi concerti di certo non fanno gli stessi numeri. Naturalmente, stiamo parlando di due artisti diversi, con un peso diverso e un background, nel primo caso, storico, nel secondo quasi inesistente. Ma allora è giusto parlare di “rivelazione”, di “nuovo volto della musica italiana”, ogni qualvolta un nuovo cantante conquista a colpi di like e visualizzazioni la bolla del web? Non bisognerebbe aspettare che il successo digitale abbia un corrispettivo anche “analogico”?
La consacrazione di un artista nel mondo pre-Internet era data dal fatto di fare concerti davanti a una platea sempre più grande fino ad arrivare nell’iperuranio della fama: andare in tv. Adesso questo meccanismo si è inceppato e Internet si è dimostrato un mezzo talmente potente e pervasivo da essersi trasformato nello scopo.
In un passato neanche troppo lontano, il fine della presenza sui social di ogni aspirante cantante era quello di poter attirare sempre più attenzione e allargare il proprio pubblico, in modo da fare concerti davanti a sempre più persone. E se questo non fosse più necessario? Se i concerti fossero diventati superflui e la platea digitale fosse diventata più importante di quella reale? Fantascienza, forse.
Da che mondo è mondo, i giovani si sono sempre impadroniti dei mezzi della loro epoca. Quindi, così come la radio è stato il medium del rock’n’roll, il web è il medium della nuova musica. Ma per giustificare un mezzo, c’è sempre bisogno di un fine.
Qual è il fine di questa nuova scena musicale? Influenzare il gusto artistico di questa generazione? Ancora non ci sono riusciti. Ancora non sono riusciti a tradurre le parole in fatti. Per quanto le espressioni artistiche che attraggono il nostro interesse, che scatenano le polemiche e che, in definitiva, rappresentano di più la nostra epoca sono quelle che occupano prepotentemente il grande calderone del web, questo non basta. A riempire San Siro ci va comunque Tiziano Ferro (e meritatamente).
Per cui, forse, è arrivato il momento di unire le mani attorno alla bocca e di urlare in coro “con le mani quando volete” ai fenomeni musicali del web, perché iniziamo ad avere fame di un’identità generazionale che non esista solo nel nostro smartphone, ma che si faccia vedere anche nella vita vera.