Florence Foster Jenkins fu una cantante lirica di scarsissimo talento, senza troppi giri di parole. Nata nel 1868 e morta nel 1944 per i postumi della sifilide rifilata da un marito abbastanza libertino, Florence viene ricordata negli annali della musica come la peggiore soprano mai esistita.
Detta così può sembrare uno scherzo, ma si tratta di un fatto vero. Identifichiamo il contesto: ingente ricchezza ereditata dal padre, grande spirito di volontà, capacità di autocritica totalmente assente e ugola da far piangere qualsiasi orecchio. Nonostante i suoi difetti insormontabili, però, Florence riuscì a esibirsi in diversi e autorevoli palcoscenici statunitensi. Come mai? Tanta gente andava ad ascoltarla dal vivo, per farsi due risate. Così la sua fama crebbe a dismisura, anche se la nobildonna non capiva le ilarità del pubblico, forse dovute alle invidie delle sue colleghe (almeno così credeva).
Sta di fatto che Florence è un esempio lampante di ciò che oggi chiamiamo trash. Un sostantivo che indica la valorizzazione di un qualcosa di grottesco e volgare. Un po’ come la strepitosa fama ottenuta dalla voce agghiacciante della mancata soprana – le cui gesta sono state raccontate anche in un film, con una strepitosa Meryl Streep - acquisita grazie a tutte le persone che l’hanno ascoltata dal vivo. Le hanno consegnato una dimensione, insomma. Poco importa, poi, se trash o meno.
A quel tempo, lo strumento virale per eccellenza era la radio, e in un certo modo Florence la conquistò. Ciò succede oggi con il mondo del web, anche se otteniamo conseguenze esponenzialmente incalcolabili. Basti pensare a Bello Figo Gu, scoperto da Andrea Dipré, buttato alla mercé degli utenti di Youtube e divenuto in poco tempo un’icona del trash moderno, con la sua zeppola, i suoi rimandi offensivi al mondo femminile e iconici al colore della sua pelle. Il risultato? Il pubblico ha premiato il suo modo di fare, gli ha dato views, e ora questo personaggio è in libreria con una sua opera, nonostante la totale assenza di talento canoro.
Ma veniamo ai fatti più recenti, anche perché ultimamente non si parla d’altro. “Mmh ha ha ha” è diventato il singolo identificativo di Young Signorino, al tempo stesso amato e criticato dal web per il suo no-sense dal trash puro. Un’icona di settore (se così possiamo definirla) che gioca sui sentimenti contrastanti che la musica può creare: non si capisce se abbia del reale talento, se sia solo un personaggio costruito ad arte, ma di fatto è riuscito a ritagliarsi un angolo di notorietà. Nel trash, appunto.
E come avrà fatto? Grazie a noi, il pubblico. Come per i casi di Florence e Bello Figo Gu, Young Signorino non è emerso dalla fuffa senza un motivo. Siamo di fronte a personalità che hanno saputo conquistare il marketing: qualcuno ha fatto girare i loro nomi, dando loro risalto, parlando di loro nel bene o nel male. E quel qualcuno siamo noi. Cambiano i tempi e gli strumenti, ma non le procedure.
Certo, passiamo ore a disquisire sulla tecnica musicale di Signorino, ci domandiamo se sia un vero trapper, o – allargando il discorso – se la trap sia un genere musicale innovativo. Ma non dobbiamo prescindere dal fatto che siamo noi a decidere i successi e gli insuccessi degli artisti che si scaraventano nel web. Dunque, va bene esprimere giudizi negativi nei confronti di ciò che propone il diciannovenne di Cesena, ma prendiamoci anche la nostra parte di responsabilità.
Attenzione, il discorso non vuole asserire che la musica debba contenere solo argomenti culturalmente elevati. Anche perché Young Signorino, da bravo trapper, ha scritto altri testi in cui parla di droga e psicofarmaci, che possono essere interessanti a livello puramente antropologico. Ciò su cui bisogna focalizzare lo sguardo è la macchina grazie alla quale emergono tali personalità, e dentro ci siamo anche noi. Non è tutta colpa sua se oggi canticchiamo “Mmh ha ha ha”.
Gran parte di ciò che abbiamo di fronte è dovuto alla superficialità delle nostre scelte musicali. Badate bene: ci può stare qualche canzone banale, ci sono sempre state e ci saranno sempre. La realtà dei fatti è una figlia che ci portiamo avanti dai tempi di Florence (e, chissà, forse anche da prima). Solo che oggi questa impasse artistica rimbomba in modo più ossessivo.
Ormai non si capisce più se è il pubblico che vuole prendere in giro l’artista o l’artista che vuole ridere del pubblico. Un cane che si morde la coda, verrebbe da sghignazzare.