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La musica che emancipa la disabilità

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Emancipare la disabilità è un argomento ancora molto attuale, ma grandi passi in avanti sono stati compiuti su più versanti, tra cui quello della musica.

E non parliamo solo delle canzoni che hanno saputo raccontare la disabilità, ma anche di artisti che riescono a sdoganare un concetto fondamentale: la persona con disabilità può fare musica.

Perché sottolinearlo? Molto spesso, agli artisti con disabilità viene rivolta una domanda pietistica: “Perché fai musica nonostante la tua condizione?”. Mai quesito più retrogrado. Anche perché molte personalità di spicco della musica hanno saputo dimostrare quanto la disabilità sia un attributo non sufficiente a limitare le capacità artistiche: basti pensare a Ezio Bosso e Andrea Bocelli, per limitare lo spettro d’azione ad esempi di ampio respiro internazionale.

Il roboante schiudersi del guscio culturale, però, passa anche da artisti meno noti e testi che hanno saputo scardinare catene non indifferenti. Una grande spinta evoluzionistica l’abbiamo avuta nel 1992, quando alcuni ragazzi con distrofia muscolare e normodotati si sono uniti a Tor Bella Monaca - sotto il nome dei Ladri di Carrozzelle - per cantare a gran voce “Distrofichetto”, un vero e proprio manifesto simbolico contro chi dipinge la disabilità come una prigione da osservare con fariseismo.

Da quel singolo sono passati ben 26 anni, uno spettro temporale in cui tante battaglie per l’integrazione sociale sono state portate avanti, ma che sono negli ultimi tempi hanno avuto una sferzata incredibile. I mezzi sono i principali complici: Youtube, Facebook, Instagram e le web radio sono divenuti i primi poli d’incontro per chi avesse un messaggio da sottolineare e riversare da qualche parte. La Rete li ha accolti e ha permesso loro di creare alcuni trend non indifferenti riguardo la disabilità.

Pensiamo all’incredibile duo composto da Lorenzo Baglioni e Iacopo Melio: il primo, grande artista poliedrico molto attivo sui social, il secondo fondatore di Vorrei prendere il treno (prima hashtag, poi associazione). Ecco, queste due menti hanno partorito un’idea geniale, reinventare un grande successo della musica italiana, “Vengo anch’io. No tu no” di Enzo Jannacci del 1967, in chiave moderna, pop e di settore. Il risultato? “Canto anch’io”, un pezzo leggero e frizzante sull’incapacità sociale di saper garantire una piena accessibilità fisica per chi siede su una carrozzina.

Sempre in termini di parodie, non possiamo non citare le Witty Wheels, due sorelle in carrozzina (Maria Chiara ed Elena) che, nel 2017, hanno creato un’ironica quanto satirica parodia di “Occidentali’s Karma”, la canzone di Francesco Gabbani vincitrice di Sanremo 2016. Il titolo? “Carrozzati's Karma”, un singolo poggiato sullo sdoganare il futile pietismo dilagante nei confronti della disabilità, da sostituire invece con qualche rampa in più nelle città italiane.

E se volessimo scavare ancora più a fondo, troviamo Toro Seduto, all’anagrafe Michele Sanguine, che con la sua “Proteina” canta proprio la sua condizione di ragazzo con distrofia muscolare. Però, mentre prima eravamo di fronte a pezzi più pop, ora abbiamo un prodotto rap vero e proprio, genere musicale che si adatta molto bene alle tonalità vocali dell’interessato.

Fin qui abbiamo menzionato artisti che, in un modo o nell’altro, hanno cantato la propria disabilità. Ovviamente, ci sono anche personalità che hanno un background musicale più ampio e di diverso respiro. Citiamo, ad esempio, Pierfrancesco Madeo, cantautore con disabilità di Longobucco che, dopo aver partecipato a diversi contest di settore, ha iniziato a pubblicare diversi album e singoli finiti anche nell’occhio di testate nazionali rinomate. Diamo spazio anche a un’artista non vedente, Morhena, per tutti Morena Burattini, che da diversi anni incide dischi e singoli con l’intento di realizzarsi come cantautrice moderna della musica italiana. Il suo lavoro è anche arrivato all’orecchio di Papa Francesco, il quale ha accolto l’artista in udienza.   

Tutto ciò dimostra quanto l’eterogeneità della musica possa emancipare su diversi campi: da una parte, essere un artista con disabilità può creare un monito per parlare della propria condizione, ma dall’altra determina un vero e proprio percorso artistico, così da essere riconosciuti prima come artisti e poi come persone con disabilità.

Insomma, il binomio musica-disabilità è più vivo che mai, e rende ancora più realizzabile la quintessenza di quest’arte: la diffusione di ideali e speranze per un futuro migliore.

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