Abbiamo chiesto al direttore di Rockol, Franco Zanetti, le tre cose che un musicista non dovrebbe mai fare durante un’intervista ma che, puntualmente, fa.
Mi chiedete le tre cose che un musicista non deve assolutamente fare durante un’intervista. Mi sarebbe più facile dirvi le trenta cose che un giornalista non deve assolutamente fare durante un’intervista. Ma provo ugualmente, riferendomi a un’intervista classica “one to one”, faccia a faccia, che è diversa dall’intervista telefonica e dall’intervista in round table e dall’intervista in conferenza stampa.
- Non deve permettere al suo ufficio stampa di presenziare all’intervista né tantomeno di intervenire prendendo la parola al suo posto; oltre a infastidire l’intervistatore, darebbe l’impressione di essere un inetto che ha bisogno di uno chaperon o (peggio) di un controllore che gli eviti di dire fesserie.
- Non deve avere con sé il telefono, nemmeno silenziato; altrimenti ci butterebbe l’occhio, se non per sbirciare Whatsapp anche solo per controllare l’ora (dando così l’idea di voler finire in fretta l’intervista).
- Non deve ricondurre continuamente la conversazione al tema che gli sta più a cuore; se a fine intervista quel tema non è stato trattato, può sempre chiedere di aggiungere una considerazione ulteriore.
E aggiungerei:
- Non deve MAI autodefinirsi “artista”.
- Non deve dare per scontato che il giornalista che lo intervista conosca a menadito tutte le canzoni di tutti i suoi dischi; del resto, non è nemmeno scontato che il musicista abbia letto le interviste precedenti di quel giornalista.
- Deve sempre ricordarsi che il rapporto fra musicista e giornalista è di reciproca utilità e vantaggio: farsi intervistare non è una gentile concessione, è una richiesta di attenzione a scopo promozionale.