La storia della musica è sempre stata, in un certo senso, la storia degli strumenti musicali.
Sarebbe difficile immaginare cosa sarebbe potuto accadere alla Musica (ma al Mondo intero direi) se Bartolomeo Cristofori non avesse pensato di dare più dinamica alle rigide sonorità del clavicembalo, primo passo verso il moderno pianoforte. Avremmo ascoltato le stesse composizioni di Mozart? Sarebbe sicuramente difficile immaginare il Concerto per Pianoforte e Orchestra n.5 di Beethoven senza appunto il suddetto strumento.
L'EVOLUZIONE DELLO STRUMENTO MUSICALE
Sono d'altronde due le direzioni che può prendere lo sviluppo dello strumento musicale.
Il primo è sicuramente quello dell'innovazione sonora dovuta all'immissione nel mercato di strumenti capaci di avere possibilità timbriche prima non esistenti. Basterebbe pensare a un famoso complesso di Liverpool che si vide rifiutato un contratto da parte di Dick Rowe della Decca (secondo un famoso aneddoto), perché a suo dire “i complessi di chitarra stanno per scomparire”.
Secondo aspetto da tenere presente è quello della “serendipità”, cioè la condizione in cui si fa una scoperta accidentale mentre si cercava altro. Se chiudiamo gli occhi e pensiamo agli anni '60, uno dei tanti temi musicali distintivi che possono sorgere alla mente è quello di A Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum, reso così caratteristico dal suono del suo organo Hammond. Suono che viene dal mancato tentativo di emulare un organo a canne, attraverso la creazione di un'onda elettromagnetica generata analogicamente da delle tonewheel e dei pickup. Questo “fallimento” ha però portato lo strumento in una direzione completamente inaspettata: benché non proprio assimilabile a un organo a canne l'Hammond ha, oggi come allora, un suono così distintivo e un timbro così particolare da renderlo il protagonista di interi generi musicali.
Il limite è sempre il cardine intorno al quale muovere e forzare la ricerca e la sperimentazione musicale: piegare alla volontà dell'esecutore le possibilità dello strumento è sempre stato quello che ha fatto fare un passo avanti alla musica. C'è un prima e un dopo Hendrix, per dire, e oggi nessuno si sognerebbe mai di dire che quel suono di chitarra e quell'utilizzo dello strumento sia offensivo o tantomeno sbagliato.
Anche oggi, in tempi in cui sembra esser stato detto tutto, in realtà la frontiera musicale è solcata sempre dall'innovazione tecnologica e dal limite degli strumenti. Non a caso il principe delle nuove produzioni musicali di un certo pop e rap è l'autotune.
PERCHÉ NASCE L'AUTOTUNE
Creato alla fine degli anni '90, precisamente nel 1997 da Andy Hildebrand, per correggere le intonazioni calanti o eccedenti dei cantanti e mascherare gli errori in studio registrazione (ed eventualmente anche dal vivo), si è rivelato dentro i propri limiti tecnici uno strumento creativo capace di ribaltare e in un certo senso cambiare, anche lui, la storia della musica contemporanea.
La particolarità dell'autotune è che funziona meglio quando si canta bene. Se infatti la tua intonazione è pressoché perfetta l'impiego della autotune è quasi impercettibile. Ecco che l'uso o il presunto abuso odierno della autotune atto a distorcere la voce non è tanto per salvare la faccia ai cantanti o ai nuovi trapper, quanto più per comunicare e esprimere qualcosa a livello sonoro di diverso. A differenza del talk box o del vocoder, che permettono di modulare il suono di strumenti e synth con la voce, con l'autotune è la stessa voce del cantante ad essere modificata e digitalizzata.
Per quanto possa sembrare infatti preistoria, il primo utilizzo creativo, al di là della sua natura correttiva, dell'autotune non è opera di qualche oscuro e sconosciuto rapper americano ma della cantante pop Cher, che nel '98 con “Believe” ha urlato al mondo – con intonazione digitalizzata – quanto l'autotune potesse effettivamente svolgere un ruolo innovativo all'interno di un panorama musicale che soffriva la mancanza di varietà sonora nell'elaborazione vocale. Di lì è stato un fiume di produzioni americane sempre più affascinate dalle nuove sonorità, con il rapper T-Pain alfiere del suo utilizzo intensivo (hardtune). L'utilizzo estensivo dell'autotune ha spinto Jay-Z a dedicare un brano esplicitamente contro l'abuso del software: “D.O.A. (Death of autotune)” è un lungo j'accuse alle nuove sonorità, per tornare a una onestà musicale persa nell'hip hop.
E IN ITALIA?
Come al solito, in Italia arriviamo tardi, e solo adesso ci si è resi conto delle potenzialità (e dei rischi) di questo nuovo strumento, perlopiù grazie al fenomeno trap, dove è un componente essenziale delle produzioni di Charlie Charles (Ghali, Sfera Ebbasta) o di Carl Brave x Franco126. Proprio quest'ultimo è stato di recente il protagonista di un video comico del collettivo romano The Pills, dove la sua voce è perennemente modificata dentro le intonazioni quantizzate dell'autotune.
Per quanto possa essere fastidioso o sembrarci alieno il modo di cantare condizionato dall'autotune, declinato soprattutto nella forma dell'hardtune, il suo scopo è solo artistico e creativo: raccontare attraverso questi suoni diversi qualcosa di diverso.
Il rischio in cui noi possiamo incappare è quello di fare lo stesso errore dei dirigenti Decca e non cogliere come questa espressività, alterata, sia in realtà una forma comunicativa diversa e altrettanto valida, rischiando di finire noi per primi nel calderone dei “vecchi attempati” incapace di accettare l'alterità e la novità, perché troppo legati a un'immagine condizionata e standardizzata della musica stessa, un “non è così che si fa” che ci ripetiamo costantemente solo per il gusto e la pretesa di essere dalla parte della ragione e della “vera” musica.
LA SFIDA DEL TEMPO
D'altro canto, il rischio invece dell'abuso di questo strumento è quello di condizionare a tal punto il suono di questi anni da farlo invecchiare precocemente e male, rendendolo sì caratteristico ma incapace poi di reggere la sfida del Tempo, come, per dire, molte delle produzioni anni '80 – condizionate dalla batteria elettronica, spesso compressa a livelli estremi – che oggi arrivano a sembrarci talmente vecchie e datata da diventare cliché. Non a caso, proprio di quel cliché musicale si sta nutrendo molta musica di oggi.
Come verranno ricordati questi anni? Come anni “coraggiosi” e di ricerca, o soltanto come una curiosità del passato, talmente sopra le righe da diventare parodia di un'intera epoca?